Felici anche senza soldi? La scienza dice che è possibile

Nonostante la convinzione diffusa che la prosperità economica sia direttamente proporzionale alla felicità individuale, un recente studio potrebbe mettere in discussione – se non ribaltare –  questa correlazione. La ricerca, condotta da scienziati dell’Istituto di Scienze e Tecnologie Ambientali dell’Universitat Auto’noma de Barcelona e della McGill University in Canada, ha analizzato i livelli di soddisfazione della vita in 19 comunità indigene sparse in tutto il mondo. E ciò che è emerso è davvero sorprendente.

Reddito e benessere non vanno di pari passo

I risultati hanno rivelato che le popolazioni indigene, nonostante vivano in condizioni economiche meno floride rispetto a quelle dei paesi ad alto reddito, manifestano livelli di soddisfazione del tutto simili. Questa scoperta ha ribaltato i clichè, indicando che l’incremento del reddito non è strettamente correlato al benessere individuale.

Lo studio, riferisce Agi, ha suggerito che la relazione tra denaro e felicità potrebbe non essere diretta come spesso si presume. Questo nuovo approccio un po’ rivoluzionario sfida la concezione diffusa che la ricchezza materiale sia essenziale per condurre una vita appagante. In altre parole, il cammino verso la felicità potrebbe non essere pavimentato da monete d’oro.

Contenti di vivere secondo natura

Ciò che emerge è che in molte società “marginali”, dove lo scambio e il possesso di denaro hanno un ruolo minuscolo nella vita quotidiana e le risorse necessarie per la sussistenza dipendono principalmente dalla natura, i livelli di soddisfazione della vita non sono influenzati in modo significativo dalla disponibilità economica. Questo concetto sfida le generalizzazioni spesso basate su sondaggi globali che tendono a ignorare le realtà di queste società, concentrandosi principalmente sulle risposte dei cittadini dei paesi o delle aree del mondo più industrializzate.

Nel campione esaminato, infatti, solo il 64% delle famiglie intervistate aveva qualche disponibilità economica; eppure i livelli di soddisfazione della vita erano sorprendentemente simili a quelli riscontrati nei paesi ad alto reddito, come la Svezia. Questo dimostra che la connessione tra reddito e benessere individuale non è un parametro universalmente valido.

Conclusioni

La conclusione dello studio suggerisce che, nonostante le differenze economiche, l’uomo può condurre una vita appagante anche senza una grande ricchezza materiale. I punteggi medi di soddisfazione nella ricerca erano di 6,8 su 10, con picchi superiori a 8 punti, simili a quelli riscontrati nei paesi scandinavi noti per i loro alti standard di vita. In definitiva, sembra che i soldi, da soli, non siano la chiave per la felicità.

Dark web: un “ricco” mercato di furti ed estorsioni

Monitorare le attività e le tendenze del mercato del dark web è come “sbirciare le strategie del nemico – spiega Sergey Lozhkin, Principal Security Researcher, Global Research and Analysis Team (GReAT) di Kaspersky -. Non si tratta solo di protezione, ma di padroneggiare l’evoluzione del panorama delle minacce per difendersi dai rischi di domani”. 

Di fatto, nel 2023 le attività di estorsione e i furti sul mercato del dark web, uno dei centri principali per i servizi illeciti della comunità dei criminali informatici, sono aumentatati significativamente.
Nell’ultimo Kaspersky Security Bulletin (KSB), gli esperti del Global Research and Analysis team di Kaspersky Digital Footprint Intelligence realizzano un’analisi completa del 2023, e forniscono indicazioni sulle tendenze emergenti di questo mercato sommerso.

Cybercrimine: i trend del 2024

Guardando al futuro, l’azienda prevede anche nuove sfide, tra cui una maggiore presenza di servizi di crypto-drainer, una maggiore promozione di siti web fraudolenti attraverso la search advertising, e un aumento dei ‘loader’ dannosi.

Le credenziali personali e aziendali sono esposte a un rischio crescente di fuga di informazioni. Il mercato del dark web ha registrato un aumento dei post relativi a malware stealer, progettati per rubare informazioni sensibili come credenziali di accesso, dettagli finanziari e dati personali. I criminali informatici vendono questi dati ad altri soggetti malintenzionati con lo scopo di rubare l’identità, commettere frodi finanziarie o altre attività illecite.

In particolare, i post che offrono i log di Redline stealer, una famiglia di malware molto diffusa, sono triplicati, passando da una media mensile di 370 nel 2022 a 1.200 nel 2023.

Malware: dal phishing alla pubblicità su Google

Complessivamente, il volume dei vari file di log di malware, contenenti dati di utenti compromessi e pubblicati sul dark web, è aumentato di quasi il 30% nel 2023, rispetto all’anno precedente.

Nel 2024 i truffatori si rivolgeranno sempre più alla pubblicità sui motori di ricerca per promuovere siti web contenenti malware.
Se prima si affidavano alle e-mail di phishing, ora utilizzano gli annunci di Google e Bing per garantire che le loro pagine di destinazione, contenenti malware, ricevano le prime posizioni nei risultati di ricerca.

L’interesse per le criptovalute alimenta la proliferazione dei crypto drainer 

I crypto drainer, una categoria di software malevoli progettati per il trasferimento rapido e automatico di fondi dai portafogli di criptovalute legittimi a quelli di attori malintenzionati, stanno guadagnando terreno. Kaspersky prevede un aumento della domanda di questo tipo di malware per il furto di criptovalute, con il conseguente aumento della presenza di annunci pubblicitari che ne promuovono lo sviluppo e la vendita sul mercato clandestino.

L’interesse sostenuto per le criptovalute, gli NFT e i relativi asset digitali dovrebbe alimentare la proliferazione di questi drainer.

Business Travel: in Italia nel 2023 cresce di quasi il 16% 

Il Business Travel Trend realizzato dal Gruppo Uvet registra nel mese di dicembre 2023 per il settore turistico un aumento complessivo di 10 punti percentuali (+15,9%) rispetto al 2022.
Più in dettaglio, sempre su base annua, il comparto Flight rispetto al 2022 cresce del +9% (+14,3%), mentre Hotel +9% (+12,3%), Rail +12%i (+23,1%), e Car Rental +10% (+12,5%)

Il Business Travel Trend, l’Indice mensile sui dati del Business Travel in Italia, è stato condotto con il Centro Studi Promotor (CSP) attraverso un campione rappresentativo di aziende che operano nei più svariati settori dell’economia italiana.

Aumenta la spesa media progressiva per hotel e aerei

Secondo lo studio, nel 2023 il comparto hotel chiude l’anno con un progressivo in valore pari a 102 (84 nel 2022), il segmento Rail 63 (54 nel 2022), la parte dei voli aerei 76 (64 nel 2022) e il Car Rental 116, un punto superiore rispetto all’anno precedente.
La spesa media progressiva registra un aumento sia nel settore hotel sia nella parte aerea. Un lieve calo si registra invece per quanto riguarda il Car Rental e il Rail.

Infine, la spesa media di dicembre segna un aumento significativo (140) rispetto al mese precedente. A dicembre, in termini di valore, restano elevati il BTT del Car Rental (120) e quello relativo all’Hotellerie (118). Treni e voli mostrano rispettivamente un indice 57 e 69.

L’andamento degli ultimi tre anni: dal 2020 al 2022

Il Business Travel Trend dell’ultimo triennio mostra chiaramente la dimensione dell’impatto dovuto alla crisi pandemica.
Le transazioni nel 2021 e 2022 hanno generato un indice 31 e 33, ulteriormente aggravato nel 2020 nell’indice del valore globale di spesa.

I prezzi medi sono quindi cresciuti sensibilmente nel 2022 (valore 127) per il triplice effetto dell’incremento della domanda nella seconda metà dell’anno, dell’inflazione e dei costi energetici, nonché della congestione dell’offerta specialmente nel comparto aereo.

Delineare una tendenza strettamente correlata a quella dell’economia

Fanno parte dell’analisi un mix di aziende grandi, medie e piccole che si sono costantemente avvalse dei servizi Uvet-GBT negli anni 2019-2023. Gli indici scaturiscono dall’analisi in volume e valore, nazionale e internazionale, del trasporto aereo e ferroviario, dei pernottamenti alberghieri e noleggio autovetture-
Il campione esclude le variabili aziendali, come, ad esempio, di crescita dovuta all’acquisizione di nuovi clienti o business. Per tale ragione il Business Travel Trend non mostra l’andamento di Uvet-GBT ma quello del Business Travel in generale.

L’indicazione periodica di questo indice, nel tempo, si prefissa di delineare un trend strettamente correlato all’andamento dell’economia.
Il BTT è quindi l’espressione di sintesi di un comportamento rispetto a una scala che per convenzione è stata costruita sui dati del periodo pre-Pandemia e all’interno di un cluster omogeneo e altamente rappresentativo.

Qual è l’impatto dei social media sugli adolescenti? Le risposte in uno studio britannico

Non è certo una sorpresa scoprire che i social media oggi permeano la vita dei più giovani, in tantissimi aspetti. Ma con quali effetti? Un nuovo studio condotto dalla University of Cambridge, che ha coinvolto migliaia di adolescenti britannici nati tra il 2000 e il 2002, rivela una realtà preoccupante. Nel Regno Unito i ragazzi subiscono una forte pressione dai social media, tanto che circa la metà dei giovanissimi si ritiene dipendente da essi. I dati, provenienti dallo studio Millennium Cohort e riportati dal Guardian, mettono in evidenza una percezione di dipendenza più accentuata tra le ragazze rispetto ai ragazzi.

Più dipendenti le ragazze dei ragazzi

Il team di ricerca, guidato dalla dottoressa Amy Orben, ha esaminato un campione di 19.000 partecipanti, chiedendo ai giovani di esprimere il proprio rapporto con i social media. Tra le 7.000 persone che hanno risposto, il 48% ha dichiarato di sentirsi d’accordo o molto d’accordo con l’affermazione “penso di essere dipendente dai social media”. Tuttavia, riferisce Ansa, una percentuale significativamente maggiore di ragazze (57%) ha riconosciuto questa dipendenza rispetto ai ragazzi (37%).

Differenze di genere e paura di perdere il controllo

Secondo Georgia Turner, che ha analizzato i dati, la dipendenza percepita dai social media non è da confondere con la dipendenza da sostanze, ma la sensazione di non avere il controllo sul proprio comportamento può essere preoccupante. Turner afferma che è sorprendente vedere così tante persone con questa percezione. La dipendenza dai social media potrebbe non essere paragonabile a quella da droghe, ma evidenzia comunque un disagio psicologico diffuso tra gli adolescenti britannici.

Preoccupazioni su tecnologie digitali e comportamenti compulsivi

Negli ultimi anni, si è sviluppata una crescente preoccupazione riguardo all’uso compulsivo delle tecnologie digitali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha riconosciuto il “disturbo da gioco” nella sua classificazione internazionale delle malattie. Michael Rich, direttore del Digital Wellness Lab presso l’ospedale pediatrico di Boston, afferma che i risultati dello studio riflettono l’esperienza clinica del suo centro, dove una parte significativa dei giovani combatte con l'”uso problematico dei media interattivi” (Pimu), che include social media, giochi, pornografia e una sovraesposizione a brevi video, blog e siti. In conclusione, lo studio solleva importanti interrogativi sull’effetto dei social media sulla salute mentale degli adolescenti britannici e richiama l’attenzione sulla necessità di affrontare in modo responsabile l’impatto delle tecnologie digitali sulla giovane generazione.

L’Intelligenza artificiale generativa? Fa paura ai top manager

Una recente indagine condotta da Kaspersky ha evidenziato una crescente apprensione tra i dirigenti di alto livello in Italia riguardo alla diffusione sempre più ampia dell’intelligenza artificiale generativa (GenAI) all’interno delle aziende. Il 97% dei dirigenti senior intervistati ha confermato l’uso regolare della GenAI da parte dei dipendenti, con il 57% che la impiega per supportare specifiche attività.

Il timore di non controllare i dati aziendali

L’ampia diffusione dell’intelligenza artificiale ha suscitato preoccupazioni significative tra i dirigenti. Tra questi, il 53% esprime forti timori relativi ai potenziali rischi per la sicurezza.
Questi timori derivano dalla possibilità che la GenAI possa compromettere informazioni sensibili aziendali e portare alla perdita di controllo sulle principali funzioni aziendali.

La GenAI, una volta considerata una novità tecnologica, si è trasformata in una risorsa aziendale essenziale per automatizzare diverse attività. Nonostante la maggioranza dei dirigenti italiani abbia discusso della GenAI durante i consigli di amministrazione (94%) e abbia mostrato interesse nel comprendere meglio come i dipendenti utilizzano i dati (87%), i risultati indicano che i dirigenti C-Level hanno perso in gran parte il controllo sulla diffusione e sull’uso della GenAI all’interno delle aziende.

Solo il 31% dei dirigenti è informato sulla GenAI

La ricerca rivela che solo il 31% ha approfondito le questioni relative alle funzionalità e alle conseguenze della GenAI, mentre solo il 28% ha discusso dell’implementazione di norme e regolamenti per monitorare il suo utilizzo.
Cesare D’Angelo, General Manager Italy & Mediterranean di Kaspersky, ha sottolineato che, simile al fenomeno Bring Your Own Device (BYOD), la GenAI offre vantaggi significativi in termini di produttività, ma la sua diffusione incontrollata rende difficile il monitoraggio e la sicurezza in tutte le aree aziendali cruciali.

La GenAI funziona efficacemente grazie all’apprendimento continuo basato sull’inserimento di dati. Tuttavia, la trasmissione immediata dei dati inseriti dai dipendenti all’esterno dell’organizzazione è motivo di preoccupazione per i consigli di amministrazione, con più della metà dei dirigenti allarmati dalla possibilità che i dipendenti possano involontariamente rivelare informazioni sensibili dell’azienda (53%) e dei clienti (52%).

Ma l’evoluzione non si può fermare 

Nonostante le preoccupazioni sulla sicurezza, quasi la metà dei dirigenti prevede di utilizzare la GenAI per automatizzare attività ripetitive svolte dai dipendenti (48%) o da loro stessi (46%), piuttosto che sostituire il personale (16%). Inoltre, il 47% dei dirigenti C-Suite vede la GenAI come un’opportunità futura per colmare il gap di competenze.

Nonostante i rischi evidenziati, il 29% dei dirigenti ha manifestato il desiderio di automatizzare i dipartimenti IT e di cybersecurity utilizzando la GenAI. Cesare D’Angelo ha concluso affermando che, nonostante la possibilità di gravi ripercussioni economiche e reputazionali, molti dirigenti stanno considerando la delega di attività rilevanti all’intelligenza artificiale.
Pertanto, è cruciale comprendere completamente la gestione dei dati e implementare politiche robuste prima di qualsiasi ulteriore integrazione della GenAI nell’ambiente aziendale.

Consumi: quali sono i falsi miti della Generazione Z?

Irriverenti, incoerenti, fragili ma trascinatori, i nati fra il 1997 e il 2012 influenzano famiglie, aziende e istituzioni. Ma a svelare il ‘profondo fraintendimento’ tra quello che gli 8,9 milioni giovanissimi della Generazione Z ‘sono’ e ciò che pensano di loro adulti e aziende, è l’analisi del think tank Zelo.
Un esempio? Il luogo comune più ripetuto del 2023 è ‘la GenZ è sostenibile e salverà il mondo’. Ma è davvero così?

“Questa generazione – spiegano gli esperti di Zelo – è nata in un mondo già esaurito, consumato e ferito dalle generazioni precedenti, ed è sicuramente pronta a difendere la causa, ma non disposta a scendere in campo con azioni concrete”.

“Vogliono verità senza filtri, se non quelli di TikTok”

I ragazzi della GeneZ, “vogliono occupare lo spazio in modo nuovo, non vogliono pagare i debiti lasciati in eredità dalle generazioni precedenti – continuano gli analisti -. Se i loro genitori e nonni cercavano modelli fissi in cui riconoscersi, i nati dopo il 1997 hanno la decostruzione come presupposto: vogliono verità senza filtri, se non quelli di TikTok”.

Cecilia Nostro, Founder di Zelo, ammette: “Sono rimasta affascinata dalle sfumature della GenZ e da anni, ogni giorno, cerco di decifrarla con passione, pazienza e audacia, per risolvere il fraintendimento che blocca l’ingranaggio generazionale sulla base del quale si erge l’equilibrio della società”.

Solo il 15% è concretamente sostenibile nei propri comportamenti

E così, dopo Black Friday e Cyber Monday, la GenZ sta per affrontare la corsa ai regali natalizi. Ma in termini di sostenibilità, e in uno dei periodi dell’anno a maggior impatto, se da un lato questi ragazzi sembrano essere impegnati nella lotta al cambiamento climatico e ad arginarne le conseguenze, dall’altro Zelo mostra uno scenario diverso.
Solo un timido 15% del campione intervistato dichiara di sentirsi davvero, e concretamente, sostenibile nei propri comportamenti e nelle proprie scelte.

Grandi fan del fast fashion

Un 17% di giovani GenZ, invece, ammette che il proprio impegno a riguardo si ferma nel fare la raccolta differenziata, e il 33% afferma di non sentirsi sostenibile come tutti sembrano pensare.
Il rimanente 35% si ritiene consapevole e informato, ma poi si chiede, “cosa possiamo fare?”.

Insomma, analizzando i comportamenti di acquisto della GenZ emerge come soltanto se colti alla sprovvista, e per non fare brutta figura, i GenZ cercano di adeguarsi all’immagine che genitori, tv e giornali hanno di loro, ovvero, ‘quelli impegnati a salvare il mondo’. Al contrario, riporta Adnkronos, i loro comportamenti quotidiani non sembrano offrire conferme alla tesi, anzi: i grandi fan del fast fashion sono proprio i GenZ.

Italiani e tv, un rapporto in continua evoluzione  

Che ruolo ha oggi la televisione all’interno delle nostre case e delle nostre vite? E come la utilizziamo? A queste domande risponde Samsung Electronics Italia con il suo recente Social Poll “TV? Mi piaci tu!”, lanciato in occasione della Giornata Mondiale della Televisione. Il sondaggio ha coinvolto la community di Instagram, raccogliendo oltre 2.800 risposte e offrendo uno sguardo aggiornato sul ruolo del televisore all’interno delle abitazioni. Un excursus sulle abitudini più comuni di fruizione e sui parametri che guidano i consumatori nelle decisioni d’acquisto.

Solo uno schermo gigante o apparecchi in ogni locale?

Emergono diverse tendenze interessanti che riflettono la pervasività del televisore nelle case degli intervistati. Il 40,6% ha dichiarato di possedere un apparecchio in ogni stanza, mentre il 36% ha indicato di averne due, riservando il secondo alla camera da letto per godersi momenti di relax davanti a un film. Un altro 23% ha scelto invece di avere un unico televisore di dimensioni generose, che diventa così il protagonista del living.

La tv? Perfetta per il gaming

Le sorprese non si fermano qui, poiché le risposte delineano nuove abitudini di utilizzo della tv. Circa il 30% degli intervistati considera il televisore il compagno perfetto per il gaming, una passione che sta diventando sempre più diffusa e condivisa.
Il 27,3% apprezza i grandi schermi per facilitare la fruizione dei contenuti streaming in famiglia, mentre il 26,4% attribuisce importanza al design, sottolineando il ruolo crescente del televisore come elemento di arredo. Infine, il 16,8% mette al centro l’audio per vivere un’esperienza immersiva simile a quella del cinema.

Quando si tratta di utilizzare il televisore, la maggioranza della community associa la tv al relax serale davanti a un film (65,8%). Tuttavia, c’è anche chi preferisce utilizzarla per rimanere informato sulle notizie (18,6%) o tenerla acceso costantemente come sottofondo sonoro durante altre attività (15,5%).

Per quasi tutti il televisore si cambia quando… non va più 

Le prestazioni e l’affidabilità avanzate dei televisori consentono alla maggior parte degli intervistati (70,8%) di cambiarli solo quando diventano irrimediabilmente compromessi e non funzionanti.
Una percentuale significativa (20,6%) si concede cinque anni prima di considerare l’acquisto di un modello più innovativo, mentre una nicchia di appassionati delle ultime novità (8,5%) non vede l’ora di sostituire il proprio televisore con l’ultimo top di gamma.

Singles’ Day 2023: l’evoluzione della “singletudine” tra falsi miti e realtà 

Cosa significa oggi essere single? In occasione del Singles’ Day, la giornata dedicata alle famiglie monocomponenti che si celebra l’11 novembre, l’Osservatorio Single di Ipsos offre una chiave di lettura per farsi strada tra falsi miti ed esigenze reali di un nuovo target sempre più esteso.

L’Osservatorio inserisce questa tendenza nella necessità di trascorrere più tempo da soli, un bisogno sentito dal 58% degli italiani. Il 67% sostiene poi che fare attività da soli li rende orgogliosi. Ma oltre al nuovo sentimento di empowerment e fierezza, emerge anche qualche ombra e necessità di rassicurazione sociale.
A oggi in Italia i single sono il 33% del totale, e un single su cinque ha meno di 45 anni. Nei prossimi 20 anni si stima che aumenteranno del 17% e del 9% i genitori senza partner, mentre le coppie con figli diminuiranno del 18%.

Sinonimo di indipendenza e sicurezza di sé

Essere single oggi principalmente è sinonimo di orgoglio. I single nella contemporaneità sono percepiti come completi, indipendenti, sicuri e con la piena consapevolezza di sé e del valore del proprio tempo.

Prendersi momenti in solitaria è considerato un arricchimento del proprio valore, che alimenta il senso di autonomia e orgoglio. Il 67% delle persone sostiene che fare attività da soli rende soddisfatti (donne 74% vs 61% uomini).
In merito alle attività, i viaggi in solitaria risultano molto appealing: il 63% ritiene motivo di orgoglio viaggiare da soli, soprattutto le donne, per le quali è un’opportunità fondamentale per acquisire fiducia ed essere orgogliose (72% vs 57% uomini).

L’altro lato della medaglia: incerti e con difficoltà economiche

Tale contesto incontra il successo delle app di dating. Strumenti e piattaforme di incontro sono sempre più percepiti come occasioni per connettersi e aprirsi all’altro. Il 50% degli intervistati e delle intervistate, sostiene che le app social e di incontri sono un’opportunità di valore per creare relazioni, amicizie e (non solo) incontri casuali.

Ma l’altro lato della medaglia racconta di sfide, incertezze, difficoltà economiche e rischio di isolamento.
L’inflazione e il caro vita infatti affliggono anche i single: il 45% afferma di avere difficoltà a mantenere il proprio tenore di vita, e l’83% sostiene che è importante pianificare i risparmi per affrontare il futuro.

Attenzione al rischio isolamento

Ma anche il viaggio assume un connotato diverso. Una persona su due dichiara che viaggiare è più costoso come singolo. E, al di là del portafoglio, risulta evidente anche un topic legato alla sicurezza e al timore del viaggiare in solitaria.

Il 47% delle persone intervistate dichiara che vorrebbe viaggiare in solitaria, ma pensa che sia pericoloso, soprattutto le donne (57% vs 40%). Inoltre, 8 persone su 10 affermano che avere qualcuno con cui condividere le esperienze sia essenziale per viverle appieno.
Importante poi il tema del benessere e la salute mentale, che può essere intaccata se si scivola nell’isolamento. Un rischio, in particolare, per chi vive da solo. 

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Risparmi: l’ottimismo è in ripresa tra gli italiani

Rispetto al 2022 diminuiscono le famiglie in forte difficoltà economica e aumentano quelle con una migliore tenuta del tenore di vita. Scende poi dal 17% al 14% la quota di chi appare seriamente in difficoltà.
La fiducia per il clima economico nel nostro Paese sta tornando a livelli analoghi a quelli della prima metà del 2021.
Lo attesta l’indagine annuale di Ipsos condotta per Acri, dal titolo Scelte consapevoli, educazione, responsabilità: la sfida del risparmio per le nuove generazioni.

Guardando al futuro, le previsioni sull’andamento dell’economia personale, locale, fino a quella europea e mondiale, portano gli italiani da un marcato pessimismo dello scorso anno a un rimbalzo positivo, trainato da forti attese personali, specie nella generazione di mezzo.
Solo riguardo la situazione del Paese i dati rimangono in linea col 2022.

Strumenti finanziari più sicuri

A scapito dell’immobilismo e della liquidità, certamente legata all’inflazione e ai maggiori rendimenti offerti da molti intermediari e titoli di Stato, cresce la propensione verso strumenti finanziari più sicuri. Questo in un quadro, comunque, di incertezza verso regole e controlli, che penalizza gli strumenti più a rischio.
I più giovani però lamentano bassa competenza finanziaria, bassa autonomia gestionale ma sono molto interessati a approfondire i temi.
La sfida è quindi culturale e educativa, perché i più giovani ambiscono a una autonomia che raggiungono solo tardi, e a fatica.

Si indebolisce la fiducia nell’Unione

In questo scenario incerto, si indebolisce la fiducia nell’Unione Europea e nell’euro, sostenuta comunque dalle nuove generazioni. I dati evidenziano una polarizzazione tra chi ha fiducia nelle azioni e nelle scelte che verranno prese (51%) e chi no (49%).
A intaccare la fiducia ha contribuito la politica dei tassi di interessi della BCE per contrastare l’inflazione. Una misura che ha messo in difficoltà molte famiglie e imprese, costrette a pagare interessi più alti su mutui, prestiti, e finanziamenti, e per questo divenute molto più critiche verso la UE.
Inoltre, va sottolineato come le crisi legate alla scarsità e ai costi maggiori di materie prime ed energia abbiano indebolito l’idea che l’Europa, sempre riconosciuta per la sua tutela delle libertà e dei singoli, sia in grado di difendere gli ideali democratici e la capacità competitiva sui mercati internazionali.

Il ruolo sociale del risparmio

Sembra allentarsi poi il legame percepito tra responsabilità sociale e ambientale, abilitatori della competitività aziendale e dello sviluppo economico del Paese. Rimane però importante il contributo delle associazioni di categoria, dei corpi intermedi, e del Terzo settore, nel garantire coesione sociale e sviluppo.
I singoli cittadini rimangono molto attivi, sia nell’ambito del volontariato, donando il proprio tempo, e ancor più facendo donazioni per sostenere il Terzo settore e iniziative benefiche.
Coerentemente, è sempre forte la percezione del ruolo sociale del risparmio, strumento fondamentale per garantire crescita economica, sviluppo sociale e civile del Paese.

Stress e rischio burnout? Ora c’è il manager della felicità

In un momento in cui trecento milioni di persone al mondo soffrono di disturbi mentali derivanti dal lavoro, lavorare per favorire il benessere organizzativo all’interno di un contesto ispirato al modello di organizzazione positiva è importante.

È proprio questo il ruolo del manager della felicità. Perché prestare molta attenzione al benessere di dipendenti e collaboratori porta felicità in azienda, e ciò favorisce e stimola la produttività.
A oggi sono solo 300 i manager della felicità ufficiali, riconosciuti dall’Italian Institute of Positive Organization, tra i quali Francesca Cafiero, certificata Cho (chief happiness officier), e presidente di Nieco, realtà impegnata da oltre 40 anni nello smaltimento rifiuti del centro Italia.

Felicità uguale competenza 

Preso atto di uno scenario preoccupante, Francesca Cafiero ha stilato una lista di consigli che si rifanno proprio ai pilastri della ‘scienza della felicità’, utili a manager e lavoratori.
Spesso si sa, in ogni contesto lavorativo si tende a primeggiare. Mettere al centro ‘l’io’ è l’errore più grande che si possa fare. Alimenta l’invidia, le gelosie, i rancori.

Ragionare in termini di gruppo è, al contrario, la chiave vincente per raggiungere grandi traguardi, perché quando i risultati sono buoni si gioisce insieme, quando lo sono meno si condivide un insuccesso e ci si rialza più facilmente e velocemente.

Favorire una chimica positiva

Abbattere le barriere culturali e di ruolo e favorire una chimica positiva è poi un approccio utile sia ai manager sia ai dipendenti, perché alimenta l’amalgamarsi di un gruppo di lavoro e promuove relazioni interpersonali sane. Di conseguenza, ne beneficiano anche le scelte aziendali.

Non chiedere di eseguire, e non limitarsi a eseguire: i lavoratori non sono automi, hanno sentimenti, ed è importante mettere in mostra le proprie qualità umane. Il compito di un buon manager è proprio quello di valorizzarle al meglio. Solo così è possibile svolgere al meglio i propri compiti e contribuire al raggiungimento dei risultati aziendali.

Riconoscere i meriti e dialogare

Lavorare fuori orario, chiedere ripetutamente straordinari non pagati, non rispettare i ruoli, lasciare spazio a simpatie e antipatie, non riconoscere i meriti alimenta il caos all’interno di un contesto aziendale.
La disciplina è importante, riferisce Adnkronos, e devono essere garantiti i diritti di ogni singolo lavoratore. Spesso in molte aziende non vengono fatti notare errori, o non si riconoscono i meriti di un dipendente, oppure non interessa che un collega sta attraversando un periodo difficile.

Il dialogo, al contrario, è fondamentale, sia dal punto di vista umano sia professionale.
E interessarsi della salute di un dipendente o un collega è una buona pratica che rafforza il rapporto tra persone e tra professionisti.