Lavoratori in smart working a rischio workaholism

Se i lavoratori autonomi sono stati i più penalizzati dall’epidemia, in particolare quelli di settori come spettacolo, cultura, sport e turismo, altri sono riusciti a riadattare il proprio lavoro alle nuove disposizioni, soprattutto attraverso forme di smart working. Ci sono però stati molti licenziamenti e mancati rinnovi dei contratti a termine, e molti lavoratori hanno dovuto utilizzare ferie e congedi per ammortizzare il periodo di pausa lavorativa forzata.

Sebbene il lavoro da casa abbia portato numerosi vantaggi, dalla riduzione di tempi e costi del pendolarismo all’aumento dell’autonomia lavorativa e la maggiore flessibilità di orari e di spazi, non mancano gli aspetti negativi, legati alla salute, alla privacy e alla gestione dei propri ritmi quotidiani.

Diminuisce lo spazio fisico e psicologico tra vita privata e lavorativa

Ed è proprio la maggiore flessibilità di orari che ha portato a conseguenze negative sulla vita delle persone: stare a casa anche per lavoro ha favorito una condizione di connessione perenne. In molti casi è risultato difficile riuscire a fare una netta distinzione fra le ore dedicate al lavoro e quelle per il tempo libero. I confini fra la vita personale e quella lavorativa si sono assottigliati. Alcune analisi statistiche hanno rilevato come questo nuovo assetto lavorativo tenda perciò a diminuire lo spazio fisico e psicologico tra vita privata e vita lavorativa.

La dipendenza da lavoro

Tra gli effetti negativi di questa situazione rientra poi l’aumento dello stress da eccesso di lavoro. Molti lavoratori hanno lavorato almeno un’ora in più al giorno, iniziando le giornate in anticipo per terminarle più tardi, spinti a essere disponibili online più a lungo del normale.

I sensi di colpa e altri sentimenti di ansia e stress, insieme alla difficoltà di staccare la spina a fine giornata, possono essere segnali di rischio di sviluppo della sindrome da workaholism.

Il termine deriva dall’unione di work (lavoro) e alcoholism (alcolismo), e nonostante la sindrome venga definita anche come una forma di dipendenza, in questo caso da lavoro, non si riferisce al ricorso a un elemento esterno per l’ottenimento di una gratificazione, come lo è l’uso di sostanze.

Necessario favorire il benessere psicologico

Recentemente si è osservato che la tecnologia ha reso il fenomeno del workaholism sempre più diffuso, anche perché culturalmente essere “occupati” è una sorta di distintivo d’onore.

In una prospettiva simile diventa importante promuovere e monitorare il benessere psicologico del lavoratore, facendo attenzione alle sue esigenze primarie. Esistono strategie utili a favorire il benessere psicologico di chi lavora attraverso un’adeguata distribuzione del carico lavorativo e monitorando le reazioni correlate al disagio, cercando di identificare i segni di malessere fin dalla loro insorgenza. È quindi importante favorire una buona comunicazione tra colleghi e tra superiori, per far comprendere al singolo individuo che può contare sul sostegno e l’aiuto di cui ha bisogno.