Nei prossimi 5 anni in Italia mancheranno 11.800 medici. Se a oggi possiamo ancora contare su un numero di medici più elevato rispetto agli altri Paesi europei con sistemi sanitari simili, da qui al 2022, tra uscite dal lavoro e numero contingentato di nuovi specialisti, mancheranno all’appello ben 11.803 dottori. E questo anche se si andasse a un totale sblocco del turn over. Anche a causa del fatto che il 35% dei professionisti lascia il lavoro prima dei limiti di età, sia perché sceglie il prepensionamento sia perché sceglie di esercitare la professione privatamente.
Uno specializzando su 4 non opta per il servizio pubblico
Questo è il quadro del fabbisogno medico nelle strutture Asl e gli ospedali tracciato dal Laboratorio Fiaso sulle politiche del personale. A lanciare l’allarme è infatti la Federazione delle aziende sanitarie pubbliche (Fiaso). Che fa notare come un ulteriore problema sia rappresentato dal fatto che, in entrata, uno specializzando su 4 non opta per il servizio pubblico. Lo studio è stato presentato in occasione dell’Assemblea annuale della Federazione delle aziende sanitarie pubbliche, ed è stato svolto su un campione rappresentativo di 91 aziende sanitarie e ospedaliere, pari al 44% dell’intero universo sanitario pubblico. Un medico su tre se ne va per motivi diversi dal raggiunto limite di età
Dall’indagine emerge che un medico su tre lascia il lavoro per motivi diversi dal raggiunto limite di età, riporta Ansa. Le uscite anticipate dei medici dal servizio pubblico, spiega il presidente Fiaso Francesco Ripa di Meana, “hanno varie ragioni, come la paura dell’innovazione organizzativa e tecnologica e di veder cambiare in peggio le regole del pensionamento, oppure il dimezzamento necessario dei posti di primario, che ha finito per demotivare tanti medici a proseguire una carriera oramai senza più sbocchi”.
Come trasformare l’emergenza in opportunità
Le carenze maggiori si registrano per igienisti, patologi clinici, internisti, chirurghi, psichiatri, nefrologi e riabilitatori. Dalla Fiaso giungono però delle proposte per trasformare l’emergenza in “opportunità di miglioramento dei servizi”: ciò, spiega Ripa di Meana, potrebbe essere attuato attraverso “una maggiore valorizzazione delle professioni non mediche, maggiore integrazione tra medici di base, pediatri di libera scelta e medici ospedalieri”.
Un’altra proposta, afferma Ripa di Meana, è impiegare “i medici neo laureati per la gestione dei pazienti post acuzie dopo un affiancamento con tutor esperti”. Innovazioni, rileva, “già in atto in molte nostre Aziende e che possono trasformare in opportunità di miglioramento dei servizi la criticità del fabbisogno di medici nel nostro Paese”.