Missione (im)possibile: esiste l’equilibrio tra lavoro in presenza e flessibilità?

La quinta edizione del l’European employer survey, il report annuale di Littler, mostra una spaccatura tra il desiderio di aumentare il lavoro in presenza e la garanzia di flessibilità necessaria per attrarre e trattenere i talenti. Di fatto, per il 30% dei direttori hr e in-house lawyer europei intervistati l’azienda ha effettuato un completo ritorno alla presenza, e per il 27% ha optato per una forma ibrida, con più giorni di lavoro in presenza e meno da remoto. Solo l’11% vede i propri dipendenti seguire un orario ibrido con più giorni da remoto e meno in presenza, mentre per il 5% i dipendenti lavorano completamente da remoto. Sembra quindi che le aziende preferiscano il lavoro in presenza. Così ha dichiarato il 73% dei datori di lavoro, che stanno valutando la possibilità di ridurre il lavoro a distanza. Questo però si scontra con la riluttanza dei dipendenti a rinunciare alla flessibilità acquisita.

Lavoro in presenza o da remoto?

Cresce comunque l’importanza di valutare i vantaggi generati da modalità di lavoro da remoto, che il 79% vuole aumentare per attrarre e trattenere i talenti. I motivi principali che spingono i datori di lavoro a richiedere un maggior numero di ore di lavoro in presenza riguardano la cultura e il lavoro di squadra, in particolare, maggiore collaborazione fra team e stimolazione del pensiero creativo (54%) e maggior impegno da parte dei dipendenti (48%). Vantaggi correlati a uno dei principali motivi di rinuncia del lavoro da remoto, ovvero il mantenimento della cultura aziendale e del coinvolgimento dei dipendenti (53%).

Burnout e nomadismo digitale

Indipendentemente dal modello di lavoro, resta alta l’attenzione a salute mentale e benessere delle risorse umane. Sebbene 9 intervistati su 10 abbiano adottato iniziative in questa direzione, solo il 28% lo ha fatto in maniera strutturata.  Inoltre, quando si tratta di offrire una soluzione al burnout, la flessibilità oraria è stata l’unica misura adottata (54%), mentre meno di un terzo degli intervistati indica il lavoro individuale con i dipendenti per gestire i carichi di lavoro. La gestione del nomadismo digitale, poi, rappresenta un’altra nuova sfida. Un fenomeno in aumento, con il 73% delle aziende che dichiara di avere dipendenti ‘nomadi digitali’. Tra queste, l’89% è preoccupata per i rischi legali, le implicazioni fiscali e altri problemi occupazionali.

L’AI e il recruiting, ma cautela ad assumere

Per supportare le attività di recruiting e assunzione il 47% degli intervistati sta utilizzando o pianificando di utilizzare soluzioni tecnologiche o strumenti di AI. Inoltre, il 61% di coloro che già utilizzano tali strumenti ne ha incrementato l’utilizzo, sottolineando l’efficacia dell’AI e della tecnologia per attrarre nuovi talenti.
Ma in un contesto di crescente incertezza economica, l’indagine rileva anche segnali di cautela da parte dei datori di lavoro europei, che tuttavia non sembrano ancora adottare misure drastiche. Circa un quarto (27%) esita nell’assunzione di nuove risorse, mentre il 37% sta valutando o attuando riduzioni di personale.

Black Friday: come risparmiare e dove acquistare nel 2022?

L’evento più atteso in vista dello shopping pre-natalizio, il Black Friday, ricorre ogni anno il venerdì successivo al giorno del Ringraziamento, la festività statunitense, e nel 2022 cadrà il 25 novembre.  È un’occasione per risparmiare sugli acquisti e accaparrarsi tanti prodotti a prezzi competitivi. Come in passato, il principio è quello di offrire 24 ore di sconti irripetibili su diverse tipologie di prodotti. Ma oggi, negozi fisici e operatori online preferiscono partire da lontano, lanciando promozioni ad hoc diversi giorni o addirittura settimane prima. Si parla, infatti, di Cyber Week, e le offerte vengono prolungate anche fino al cosiddetto Cyber Monday, altra data che permette di approfittare di sconti importanti.

Un evento imperdibile anche nel mondo dell’e-commerce

Il Black Friday è diventato un evento imperdibile anche nel mondo dell’e-commerce. Del resto, la maggior parte dei portali aderisce all’iniziativa con riduzioni e offerte. Inizialmente, erano soprattutto gli store di elettrodomestici ed elettronica a proporre campagne promozionali: Unieuro, ePrice e Mediaworld, ad esempio, lanciano tuttora promozioni competitive su smartphone, computer, videogame, televisori e molto altro. In realtà, c’è davvero l’imbarazzo della scelta.

Dall’abbigliamento alla spesa ai voli: le occasioni da non perdere

Il portale Zalando, ad esempio, propone riduzioni che superano il 70%, e in qualche clic, è semplice trovare tanti prodotti dedicati al pubblico maschile e femminile. I marchi sono selezionati tra i più autorevoli del settore (Nike, Guess, Tommy Hilfiger, Puma, Vero Moda, Levi’s, Pier One, Casio, Clinique e Lacoste…), e gli sconti non durano solo 24 ore. Grazie alla Cyber Week Zalando, infatti, è possibile approfittare di offerte che durano dal venerdì nero fino al Cyber Monday. Ma in occasione del Black Friday è possibile anche risparmiare sulla spesa, facendo un salto da Pam, Auchan e Carrefour, oppure prenotare un biglietto aereo a prezzi irrisori, prestando attenzione specialmente alle ‘promo’ delle compagnie low-cost, come Easy Jet e Ryanair.

Come fare per non farsi trovare impreparati?

Cosa bisogna fare per non farsi trovare impreparati al tanto atteso Black Friday? Innanzitutto, non serve dedicare settimane a studiare offerte e campagne promozionali degli scorsi anni, ciò che conta è giocare con qualche giorno d’anticipo, magari creando una wish-list e annotando i prezzi medi, così da poter verificare, successivamente, la consistenza dell’affare. Quello della registrazione al sito è poi un trucco molto utile, riporta Adnkronos. Infatti, inserendo i dati in anticipo, come l’indirizzo di spedizione e la modalità di pagamento preferita è possibile risparmiare tempo prezioso. Allo stesso modo, con l’iscrizione alla newsletter è più facile restare aggiornati in tempo reale su tutte le offerte disponibili prima, durante e dopo il Black Friday.

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Obiettivo di 2.527 start up del mondo: rispondere alla crisi alimentare

La crisi alimentare ci riguarda tutti, e sempre più da vicino. Basti pensare che in Italia, nel triennio 2019-21, il 6,3% della popolazione ha avuto problemi di accesso al cibo e la situazione si è aggravata ulteriormente. A livello mondiale, come evidenziano le ultime previsioni della Fao, il livello di insicurezza alimentare globale, che nel 2021 ha raggiunto 828 milioni di persone che soffrono la fame e altri 2,3 miliardi di persone in stato di moderata o severa insicurezza alimentare, è destinato a peggiorare ulteriormente a causa degli effetti della pandemia, degli eventi climatici estremi e della guerra in Ucraina. Insomma, si tratta di un’emergenza a tutti gli effetti, da affrontare a molteplici livelli. Le risposte alla crisi e alle sfide epocali del settore agroalimentare si attendono in primo luogo dai decisori politici. Un ruolo importante è giocato anche dalle collaborazioni cross-settoriali tra enti pubblici locali e settore privato (profit e non profit). Ma, allo stesso tempo, anche le imprese più innovative possono portare nuove soluzioni alle sfide di sostenibilità del settore. Una sfida che vede schierate in prima linea diverse start-up in tutto il mondo.

Innovazione fa rima con sostenibilità

Come risulta dai dati contenuti nella recentissima ricerca dell’Osservatorio Food Sustaiability della School of Management del Politecnico di Milano, delle 7.337 startup agrifood censite nel quinquennio tra il 2017 e il 2021 a livello mondiale, il 34% (2.527 startup) persegue uno o più degli obiettivi di sviluppo sostenibile inclusi nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. Le soluzioni sviluppate dalle startup agrifood mirano innanzitutto a ottimizzare l’utilizzo delle risorse (SDG 12 target 12.2, 30%); inoltre, promuovono la tutela degli ecosistemi terresti e d’acqua dolce (SDG 15 target 15.1, 21%). A seguire, le startup investono su soluzioni per sensibilizzare e incentivare l’adozione di stili di vita e pratiche sostenibili (SDG 12 target 12.8, 17%), aumentare la produttività e la capacità di resilienza dei raccolti ai cambiamenti climatici (SDG 2 target 2.4, 17%) e favorire il turismo sostenibile e le produzioni locali (SDG 8 target 8.9, 16%). In misura più modesta le giovani imprese puntano a tutelare i piccoli produttori (SDG 2 target 2.3, 12%), ridurre eccedenze e sprechi alimentari lungo la filiera (SDG 12 target 12.3, 11%), assicurare il lavoro a tutti e una remunerazione equa (SDG 8 target 8.5, 8%) e promuovere l’uso efficiente e accesso equo alle risorse idriche (SDG 6 target 6.4, 7%).

In Norvegia la maggior concentrazione di start up

Guardando alla concentrazione delle startup agrifood orientate alla sostenibilità nei diversi Paesi del mondo la Norvegia risulta al primo posto (25 startup agrifood, di cui il 60% sostenibili), seguita da Israele (119 startup, di cui il 58% sostenibili). In terza posizione si classifica la Nigeria (64 startup, di cui il 50% sostenibili), seguita dalla Polonia (20 startup, di cui il 50% sostenibili). L’Italia si trova al ventitreesimo posto (85 startup agrifood, di cui il 35% sostenibili). Sul fronte dei finanziamenti, invece, considerando le sole startup agrifood con chiara indicazione geografica e che hanno ricevuto almeno un finanziamento, il 40% è rappresentato da startup sostenibili. Queste ultime hanno raccolto complessivamente 6,4 miliardi di dollari dal 2017 al 2021, con una media pari a 7,3 milioni di dollari per azienda. Al primo posto, sul fronte della raccolta di investimenti, sono le startup sostenibili statunitensi (per un totale di 3,2 miliardi di dollari e 8,7 milioni di dollari a startup), seguite dalle startup operative in Asia, che hanno raccolto 2 miliardi di dollari, con un capitale medio di 10,9 milioni di dollari a startup. Seguono le startup in Europa, che hanno raccolto finanziamenti per 911 milioni di dollari (il 14% degli investimenti totali in startup sostenibili) e una media di 4,1 milioni di dollari per startup. Il finanziamento complessivo ottenuto dalle startup agrifood nel nostro Paese è di 16 milioni di dollari, con un capitale medio per startup di 1,6 milioni di dollari.

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Lo scenario mondiale e l’impatto sulla quotidianità degli italiani

Il 2022 ha visto susseguirsi una serie di eventi gravi e imprevedibili che stanno delineando uno scenario sempre più preoccupante. Pandemia, guerra, crisi climatica e inflazione sono gli elementi di una ‘tempesta perfetta’ che sta minando il nostro futuro. L’inflazione, ad esempio, fa crollare il potere d’acquisto degli italiani: si stima che nel 2022 sia pari a 2.300 euro la perdita media del potere d’acquisto per le famiglie. E più si è soli, più pesa il caro vita. Emerge dall’anteprima digitale del Rapporto Coop 2022 – Consumi e stili di vita degli italiani di oggi e di domani, redatto dall’Ufficio Studi di Ancc-Coop con la collaborazione di Nomisma, Nielsen, Gs1-Osservatorio Immagino, Iri Information Resources, Mediobanca Ufficio Studi, e Npd.

La crisi climatica fa più paura della guerra

L’emergenza causata dalla crisi climatica è la prima fonte di preoccupazione per gli italiani e il 38% è convinto che sarà proprio questa la causa del prossimo evento epocale. Questa tematica impatta sullo stato d’animo degli italiani più della guerra in Ucraina (39% vs 28%) e dell’inflazione (29%),  Il problema delle risorse energetiche lo è in modo particolare in Italia, sia per questioni commerciali sia ideologiche legate alla Russia. Non bisogna poi dimenticare l’aspetto ideologico: il 27% degli italiani ritiene che siano UE e USA i maggiori responsabili della guerra, e il 35% è convinto che USA e UE siano i principali ostacoli alla pace.

Famiglie sempre più in difficoltà

In Italia la classe media è sempre più in difficoltà, aumentano i poveri (+6 milioni nell’ultimo anno) e cresce la forbice tra chi è molto ricco e chi vive una situazione di grave povertà. Rispetto al 2019 la ricchezza delle persone più facoltose del Paese è aumentata del 36%. Cresce infatti il mercato del lusso, con +46% compravendite di abitazioni da più di un milione di euro e +16% immatricolazioni di auto di valore. Allo stesso tempo, le famiglie sembrano già attuare una spending review: il 68% mette in pratica strategie di risparmio, il 57% limita gli sprechi, il 52% riduce in maniera selettiva la spesa destinata ad alcune categorie di prodotti e servizi, e 1 su 2 non acquista beni considerati superflui. 

Lavoro sempre più povero, crescono eccessi e dipendenze

Le retribuzioni non sostengono un costo della vita sempre più elevato. Oggi 1 occupato su 5 con contratto part time e 1 su 10 con contratto full time sono a rischio povertà.
In questo scenario di forte insicurezza, acquista sempre più importanza la dimensione personale. Allo stesso tempo, gli italiani sono sempre più dipendenti da smartphone e social (45% e 28%), guardano compulsivamente serie tv (31%) e vanno alla ricerca di esperienze ad alto tasso adrenalinico (12%).  Cresce anche la percentuale di chi consuma alcolici, si dedica a scommesse e giochi d’azzardo, quintuplica l’uso di psicofarmaci e quadruplica il consumo di droghe.

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Meno auto sulle strade con la mobilità condivisa

Meno auto sulle strade con la mobilità condivisa. Lo rivela una recente indagine condotta dalla società di ridesharing svedese Voi, che ha rilevato un netto calo dell’uso della macchina dove erano presenti altre possibilità di spostamento. Più di un terzo degli utenti Voi afferma di aver ridotto significativamente o completamente l’uso dell’auto. Il sondaggio dell’azienda di ride sharing , vede coinvolti 10.000 riders in tutto il continente. Ha mostrato che il 36% degli utenti di monopattini elettrici afferma di aver fatto un uso ridotto dell’auto. Un altro dato interessante della ricerca, diffusa in occasione della  Giornata internazionale della micromobilità (25 agosto), è che i monopattini elettrici sono utilizzati da ogni fascia di età. In più, il 35% dei riders utilizza esclusivamente monopattini elettrici per il proprio viaggio, mentre oltre il 55% combina viaggi in monopattino elettrico con il trasporto pubblico. Questo è in aumento rispetto al 47% dell’anno scorso.

Anche per spostamenti di lavoro
L’anno scorso più del 40% dei riders ha affermato che uno dei loro scopi principali per guidare uno scooter elettrico Voi era il divertimento. Da allora questo numero è sceso al 30%, con un numero maggiore di riders che affermano di utilizzare i monopattini per viaggiare per eventi di socializzazione (59%) e per recarsi al lavoro o a scuola (48%). Inoltre, anche le persone che vivono in periferia stanno riducendo l’uso dell’auto. Il 60% dei riders che vivono entro 30 minuti di trasporto pubblico dal centro città ha ridotto l’utilizzo dell’auto a causa dei servizi di micromobilità.

Enormi potenzialità di sviluppo

La micromobilità, seppur già ampiamente diffusa, è però solo all’inizio e le potenzialità sono enormi. Come ha affermato Fredrik Hjelm, co-fondatore e CEO di Voi, “Stiamo iniziando a vedere un impatto significativo con un numero maggiore di persone che utilizzano i monopattini elettrici insieme ai trasporti pubblici e persone di tutte le età che trovano un’alternativa flessibile ai viaggi in auto, o addirittura abbandonano completamente l’auto. Anche con oltre 100 milioni di corse e 100 città alle spalle, abbiamo solo scalfito la superficie di ciò che è possibile con la micromobilità condivisa e ci sono vantaggi ancora maggiori per le città europee, la loro aria e la qualità della vita mentre continuiamo in questo viaggio”. 

Export filiera legno-arredo: Lombardia prima regione nel I trimestre 2022

È la Lombardia la prima regione per valore esportato nella filiera legno-arredo. Con una quota del 28%, +22,8% sul primo trimestre 2021, la Lombardia si conferma in testa, seguita da Veneto (+14,6%), Friuli Venezia-Giulia (+26,4%), Emilia-Romagna (+14,1%) e Toscana (+28,1%). A livello provinciale, invece, Treviso è ancora in testa alla classifica (+7,6%) rispetto a gennaio-marzo 2021, ma è Pordenone a registrare la crescita più significativa (+31%), seguita da Monza e Brianza (+22,6%). Quanto all’andamento complessivo delle regioni le esportazioni sono quasi tutte in crescita, a eccezione di Campania e Molise che chiudono rispettivamente a -19,2% e -1%.  Lo rivelano i dati sui flussi commerciali nel primo trimestre 2022 elaborati dal Centro Studi FederlegnoArredo.

Il comparto mobili

A livello di comparti sono le esportazioni di mobili a pesare di più: la Lombardia, con quasi 800milioni di euro registra una crescita del 24,1% rispetto ai primi tre mesi 2021, ed esporta soprattutto in Francia (+18,3%) e negli USA (+44,2%). Il Veneto (776milioni di euro, +14,8%) in Germania (+31,9%), il Friuli Venezia-Giulia (503milioni, +28,5%) nel Regno Unito (+45,6%) e negli USA (+71,9%), l’Emilia Romagna (226milioni, +14,5%) in Francia (+1,9%) e in Cina (+44,8%) e le Marche (146milioni, +10%) soprattutto negli USA (31,5%). Treviso è la provincia che esporta più mobili (481milioni, +6,5%), ma è Vicenza a registrare la crescita maggiore (129milioni, +49,1%), seguita da Bari (122milioni, +35%).

Illuminazione

Anche per l’illuminazione la Lombardia si conferma la prima regione per valore esportato nei primi tre mesi del 2022, con 210milioni di euro e una crescita del 10,8%% rispetto ai primi tre mesi 2021.
Germania e Francia le prime due destinazioni, in crescita del 3,5% verso il primo Paese, in flessione (-4,8%) nel secondo. Ma sono le esportazioni verso gli USA (+68,7%) e gli Eau (+49,2%) a registrare gli andamenti più significativi tra i primi 10 mercati di destinazione. Milano e Brescia le principali province per valore esportato (rispettivamente 69milioni, +7,6% e 46milioni, +1,6%). Bergamo la provincia che cresce di più in Lombardia (26milioni, +57,3%).

Legno

Anche per il legno la Lombardia si conferma la prima regione per valore esportato. Con 168milioni di euro e una crescita del 33,8% esporta principalmente prodotti in legno (158milioni di euro, +34,3%) verso Germania (+31%), Francia (+21,8%) e USA (+22,3%), ma sono le esportazioni verso la Cina a registrare la crescita più rilevante (+128,6%). Il Veneto invece esporta principalmente tronchi e segati (44milioni di euro, +25%) verso il Regno Unito (+37,3%). Bolzano è la prima provincia per valore esportato nel totale legno (57milioni, +31,6%), mentre Mantova registra la crescita più alta (+54,5%, 38milioni.

Acquisti: meno prodotti di marca, più Made in Italy

Aumentano gli acquisti di prodotti Made in Italy e a chilometro zero, mentre crollano quelli di prodotti di marca ed etnici. Rispetto a un anno fa gli italiani adottano comportamenti più consapevoli quando vanno a fare la spesa, e attribuiscono più importanza a salubrità e basso impatto ambientale dei prodotti. Da quanto emerge dal report FragilItalia, elaborato da area studi Legacoop e Ipsos, in base ai risultati di un sondaggio sul tema Consumi e transizione green, a segnare gli incrementi percentuali maggiori sono infatti gli acquisti di prodotti Made in Italy (+28%), e a chilometro zero (+18%), seguiti dai prodotti light e integrali (+4%). Il calo più forte riguarda invece gli acquisti di prodotti di marca (-52%), etnici (-26%), biodinamici (-24%) e a base di soia (-23%).

Prezzo troppo elevato e necessità di risparmiare riducono gli acquisti

Nella classifica dei prodotti più acquistati, in terza posizione si collocano i prodotti ecosostenibili, a basso impatto ambientale, acquistati dal 47% del campione, seguiti dai prodotti light e integrali (44%). Il 74% dichiara invece di aver diminuito gli acquisti di prodotti di marca, il 51% di prodotti biologici, il 49% i prodotti equosolidali, il 45% quelli ecosostenibili. Ma quali sono i motivi che spingono a ridurre gli acquisti? Il prezzo troppo elevato viene indicato per la riduzione di acquisti dei prodotti biologici (50%), di marca (49%), ecosostenibili (48%), biodinamici (47%), a chilometro zero (46%), equo-solidali (44%), e Made in Italy (41%). La necessità di risparmiare spinge invece a ridurre gli acquisti di prodotti Made in Italy (47%), etnici (43%), equosolidali (42%), di marca e vegani (41%), e a chilometro zero (39%).

Più attenzione a salute, riciclo e filiera

Il 58% degli intervistati dichiara che aumenterà l’attenzione per i prodotti con confezioni riciclabili, seguiti da quelli con le indicazioni per salubrità, naturalezza e componenti, dal prezzo calmierato, ed ecologici (56%). Il 52% poi aumenterà l’attenzione alla filiera, preferendo prodotti locali ed ‘etici’, rispettosi dei diritti dei lavoratori, e il 47% preferirà acquistare direttamente dai produttori. Si tratta di orientamenti che presentano un saldo tra aumento e diminuzione degli acquisti, misurato in 54 punti percentuali per l’attenzione alle confezioni riciclabili, 52% a prezzi calmierati e salubrità/naturalezza, 50% all’ecologia dei prodotti, 47% alle filiere locali, 46% all’eticità, e 43% all’acquisto diretto dai produttori.

Driver di scelta e comportamenti di spesa

I driver più significativi per le scelte di acquisto del prossimo futuro sono sostanzialmente coerenti con i comportamenti di spesa consapevoli che si stanno affermando riporta Askanews. L’88% degli intervistati dichiara di utilizzare sacchetti in tessuto o biodegradabili, l’85% di confrontare il prezzo al chilo o al litro dei prodotti, l’83% di stilare la lista della spesa per evitare di acquistare prodotti che non servono, l’80% di acquistare prodotti con confezioni di carta/cartone, il 74% di acquistare, quando possibile, prodotti sfusi, il 73% di acquistare ricariche dei prodotti per la cura della casa per ridurre lo spreco di plastica, il 71% di acquistare prodotti ecosostenibili.

Milano, Monza Brianza e Lodi: tiene il sistema imprenditoriale nel primo semestre 2022

Nei primi sei mesi del 2022 continua la performance positiva delle iscrizioni di nuove imprese, che aumentano rispetto al primo semestre del 2021, sebbene in misura contenuta: sono 17.129 le nuove imprese nate al 30 giugno nei territori di Milano Monza Brianza Lodi, cresciute dello 0,8% su base tendenziale (erano state 16.994 nei primi sei mesi del 2021). Sono alcuni dei dati contenuti nel 32o rapporto “Milano Produttiva” del Servizio Studi Statistica e Programmazione della Camera di commercio di Milano Monza Brianza Lodi. Cresce anche la mortalità, con 12.173 chiusure (+1,9%), che sta tornando lentamente ai livelli fisiologici dopo i cali anomali registrati nel primo semestre del 2021 e del 2020, a causa delle conseguenze del blocco delle attività economiche prodotto dalla crisi sanitaria; tuttavia, il numero delle cancellazioni rimane ancora inferiore al dato pre-Covid (nel I semestre 2019 erano state 14.781). 

Positivo il saldo tra aperture e chiusure 

Come già ipotizzato per i dati dell’anno, probabilmente ci sono ancora aziende che, seppur in crisi, ritardano la chiusura, soprattutto se in attesa dei ristori governativi per la forzata riduzione delle attività. Il saldo tra iscrizioni e cancellazioni è stato positivo: +4.956 imprese (con il contributo determinante di Milano: +4.237 il suo saldo), risultato in lieve calo rispetto a quello registrato nel primo semestre del 2021, quando era stato di +5.050 unità. Conseguentemente, il tasso di crescita si conferma positivo (+1,05%, molto vicino all’1,08% del primo semestre 2021). Osserviamo, infine, che la natalità è praticamente tornata ai livelli pre-Covid: nel confronto tra il primo semestre del 2022 e il primo semestre del 2019 dobbiamo evidenziare una differenza negativa di sole 184 imprese (-1% in valori percentuali). I dati dello stock aggiornati al 30 giugno 2022 mostrano, rispetto a fine 2021, un lieve incremento del numero delle imprese attive (+1,4%). Complessivamente sono 389.010 le imprese operanti nell’area, diminuite dello 0,16% se rapportate a giugno 2021, quando erano 389.651. A pesare su questo risultato gli andamenti negativi di Monza Brianza (-1,1%) e di Lodi (-3%), mentre si mantiene in terreno positivo Milano (+0,2%). Questo il dettaglio delle imprese attive nelle tre province: Milano 310.800; Monza Brianza 64.172; Lodi 14.038.

Tendenza positiva per le start up innovative

Uno dei cluster più interessanti nello scenario locale è quello delle start up innovative: sebbene, in numeri assoluti si tratti di poche migliaia di imprese, hanno sempre registrato performance interessanti, con incrementi superiori alla media del sistema. Nell’area di Milano Monza Brianza Lodi, a fine giugno 2022, se ne contano 2.912, il 74,6% del totale regionale e un quinto del nazionale. Inoltre, rispetto a luglio del 2021, il loro numero è cresciuto del 5,7% (rispetto a giugno 2019 sono cresciute del 48,6%). La gran parte è localizzata nella provincia di Milano (2.737), che è prima nella classifica nazionale, seguita da Roma (1.599), Napoli (675) e Torino (532). Si tratta di imprese che operano soprattutto nei servizi avanzati – produzione di software e consulenza informatica; attività dei servizi d’informazione; ricerca scientifica e sviluppo; inoltre, sono di piccola dimensione (anche per limiti al fatturato imposti dalla legge per rimanere nel Registro) e sono solo società di capitali, principalmente Srl e Srl semplificate. 

Scatta la Quattordicesima 2022: come si calcola e quando arriva?

A chi spetta, come si calcola e quando arriva la quattordicesima? Per milioni di lavoratori italiani la Quattordicesima 2022è in arrivo in busta paga, e anche se il diritto alla mensilità aggiuntiva non è stabilito dalla legge, ma introdotto dai contratti collettivi di settore, in linea di massima a usufruirne sono i lavoratori assunti con contratto subordinato e i pensionati. Per verificare a chi spetta la quattordicesima in un determinato settore occorre consultare la disciplina prevista dal Ccnl di riferimento, spiega laleggepertutti. Non è da escludere che il contratto collettivo possa infatti circoscrivere la platea dei beneficiari, prevedendo, ad esempio, che determinate categorie di lavoratori ne restino escluse.

Periodo di pagamento e base di calcolo

Per quanto riguarda il periodo di pagamento della quattordicesima, in generale, poiché erogata al fine di consentire ai lavoratori di avere una maggiore disponibilità economica per le ferie estive, la mensilità aggiuntiva viene pagata tra giugno e luglio. A volte però le tempistiche di pagamento sono oggetto di specifico accordo in sede di contrattazione aziendale. Quanto alla base di calcolo, “il Ccnl può prevedere che alcune voci retributive ne siano escluse come, ad esempio, i bonus e le retribuzioni in natura – spiega laleggepertutti -. Il Ccnl Commercio prevede, che nei confronti dei lavoratori retribuiti in tutto o in parte con provvigioni o percentuali, il calcolo dell’importo della quattordicesima mensilità sarà effettuato sulla base della media degli elementi fissi e variabili della retribuzione percepiti nei dodici mesi precedenti la maturazione del diritto o comunque nel periodo di minore servizio prestato presso l’azienda”.

Un istituto retributivo a maturazione progressiva

La quattordicesima viene detta anche mensilità aggiuntiva, poiché l’importo è uguale all’importo della retribuzione lorda mensile percepita dal lavoratore. La quattordicesima è inoltre un istituto retributivo a maturazione progressiva: matura infatti in base ai mesi di lavoro effettuati durante l’anno al quale si riferisce, e il calcolo viene fatto generalmente sulla base dello stipendio percepito dal primo luglio precedente al 30 giugno dell’anno in corso. Tuttavia, le singole regole di calcolo sono definite dai singoli contratti collettivi di lavoro. Ma poiché viene maturata in ratei mensili, la maturazione di un rateo mensile si ha solo se, in quella mensilità, il lavoratore ha lavorato per almeno 15 giorni.

La categoria dei pensionati

La quattordicesima, riporta Adnkronos, spetta ai pensionati di almeno 64 anni che hanno un reddito complessivo fino a un massimo di 1,5 volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti fino al 2016, e fino a 2 volte il trattamento minimo annuo del Fondo lavoratori dipendenti dal 2017. Il pagamento viene effettuato d’ufficio per i pensionati di tutte le gestioni sulla base dei redditi degli anni precedenti. Per coloro che perfezionano i prescritti requisiti entro il 31 luglio dell’anno di riferimento, la prestazione viene liquidata sulla rata pensionistica di luglio. Invece, per coloro che perfezionano il requisito anagrafico richiesto dal 1° agosto in poi, la corresponsione è effettuata con una successiva elaborazione sulla rata di dicembre dell’anno di riferimento.

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 I dipendenti vogliono cambiare lavoro: come trattenerli?

Secondo l’indagine “Italiani e lavoro nell’anno della transizione”, condotta dalla Fondazione studi consulenti del lavoro, in collaborazione con SWG, il 55% dei dipendenti è insoddisfatto della propria occupazione, e il 15% è già passato ai fatti, avviando la ricerca di un nuovo lavoro. L’esperienza del Covid e l’introduzione del lavoro agile hanno portato a una diffusa insoddisfazione per la propria occupazione.  Come è noto, non si tratta di un fenomeno puramente italiano. Negli USA di Great Resignation si parla già dalla primavera 2021, ma non tutti gli aspetti dell’ondata di dimissioni sono comuni a livello internazionale.

Insoddisfazione e voglia di novità

Nel 38,7% dei casi a spingere verso una nuova occupazione è l’insoddisfazione, nel 35,4% la voglia di novità, poi la paura di perdere il lavoro (11,8%) e la scadenza del contratto (9,8%). Ma quali sono i fattori che generano insoddisfazione nei lavoratori? Nella maggior parte dei casi si tratta delle scarse opportunità di carriera (40,9%) e dei salari bassi (31,9%), ma per il 49% è necessario che il nuovo lavoro permetta un maggior equilibrio personale, maggior tempo da dedicare a sé stessi e minor carico di stress.
“Lo smart working è una modalità che ben concilia il lavoro con la vita privata, ma va ben strutturato perché diventi un’opportunità per il futuro”, commenta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’ordine dei consulenti del lavoro.

Come ridurre il tasso di turn over?

Nel 2022 l’84,2% di chi lavora in agilità promuove a pieni voti questo modello, in virtù della conciliazione tra lavoro e vita privata. L’introduzione del lavoro agile potrebbe quindi essere un fattore importante per trattenere i talenti. Ma come sottolinea Carola Adami, fondatrice di Adami & Associati, un’azienda deve muoversi su più fronti per ridurre il tasso di turn over: “il datore di lavoro che mira a ridurre le dimissioni volontarie in azienda deve prima di tutto rendere più efficace il processo di selezione del personale, sapendo peraltro che spesso le dimissioni arrivano a pochi mesi dall’assunzione”. Spesso si è poi convinti che per trattenere i talenti l’unica arma efficace sia quella dell’aumento dello stipendio. Un modo di pensare in buona parte superato, soprattutto per quanto riguarda i lavoratori più giovani.

Benefit vs aumento di stipendio

“Una larga fetta di giovani lavoratori mette davanti agli stipendi le possibilità di sviluppo di carriera e formazione: ecco quindi che l’azienda che desidera trattenere i propri dipendenti dovrebbe investire soprattutto in tal senso”, conferma Adami.
In molti casi, ancor più dell’aumento di stipendio, l’introduzione di benefit personalizzati rende più forte il legame tra dipendente e azienda. “Non va poi trascurato un aspetto più generale, relativo al modo in cui l’azienda decide di relazionarsi con i propri collaboratori – aggiunge l’head hunter -: un datore di lavoro che direttamente o attraverso i propri manager mostri di ascoltare i propri dipendenti e di avere fiducia nelle loro capacità e competenze, parte già avvantaggiato”.