Startup e Pmi innovative Ict: nel 2022 sono 8.416, +8,6%  

Nel 2022 la crescita demografica di startup e Pmi innovative Ict resta sostenuta. Sono 8.416 le startup con codice Ateco associato al settore Ict registrate a ottobre 2022, con una crescita dell’8,6% rispetto alle 7.749 rilevate al termine del 3° trimestre 2021. Secondo il report ‘Startup e Pmi innovative Ict: performance economica’ di Anitec-Assinform e InfoCamere, la distribuzione territoriale rimane stabile, con più della metà delle imprese concentrate in tre regioni (Lombardia, Lazio, Campania). Ed è stabile anche la distribuzione per filone di attività, con quote rilevanti in AI & Machine Learning (12,1%), IoT (10,7%), Mobile app (8,3%), oltre a Big data e Data science (5,1%), Block chain (4,7%), Cloud (3,8%), Industria 4.0 (3,7%). Bassa invece la quota di Spmii Ict in ambito cybersicurezza e crypto (2,2%).

I mercati più dinamici: attività 4.0 e digital enabler

Gli indicatori di produttività per azienda segnalano un progressivo miglioramento, soprattutto per le realtà attive nei mercati più dinamici, come 4.0 e digital enabler.  Complessivamente, le Spmii Ict con bilancio depositato nel 2021 hanno prodotto beni e servizi per un totale di 2,5 miliardi di euro. La forte concentrazione della mediana su valori ancora inferiori a meno di un quinto della media conferma che una quota sempre rilevante si trova in una fase embrionale di sviluppo. Uno sviluppo finalmente in accelerazione nel 2021 rispetto ai due anni precedenti, come confermato dalle dinamiche di produzione complessiva, media e mediana, in crescita demografica più dinamica nell’ultimo anno, soprattutto nei filoni di attività 4.0 e altre tecnologie e soluzioni digitali.

Spmii Ict digitali generano il 53% di produzione nell’Ict-digitale italiano

La migliore performance delle Spmii Ict in ambito digitale (4.0, Digital Enabler ecc,) si riflette anche a livello di utile netto, con un valore mediano superiore rispetto alle altre Spmii Ict, che comunque per almeno il 50% chiudono il bilancio 2021 a pareggio o in utile, generando nel complesso il 53% di produzione nel settore Ict-digitale. Nel complesso gli indicatori finanziari, da quelli di equilibrio finanziario a quelli di rotazione degli asset a quelli sul potenziale delle risorse di generare valore lungo un arco temporale di più esercizi, denotano una buona capacità delle risorse aziendali di manifestare benefici economici lungo un arco temporale di più esercizi.

“Si confermano motore di innovazione in ogni settore produttivo”

“I dati – commenta all’Adnkronos Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform – confermano l’effervescenza del segmento delle Startup e delle Pmi innovative Ict. Queste imprese hanno realizzato maggior valore aggiunto con livelli di produttività migliori, soprattutto nei filoni 4.0 e digital enabler. Hanno mantenuto una sostenibilità finanziaria nel medio periodo, e continuano a generare margine. Le startup e Pmi innovative Ict, che hanno la capacità di creare nuovi prodotti e servizi e di generare nuovi posti di lavoro, si confermano motore di innovazione in ogni settore produttivo e rafforzano il loro ruolo per la crescita economica del nostro Paese”.

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Rc auto: nel 2023 aumenti per oltre 815.000 automobilisti

La conferma arriva dall’osservatorio di Facile.it: sono tanti gli assicurati che nel 2023 dovranno fare i conti con un peggioramento della propria classe di merito e vedranno aumentare il costo del premio Rc auto. Di fatto, la brutta notizia riguarda gli oltre 815.000 automobilisti che nel 2022 hanno dichiarato un incidente con colpa. Secondo l’analisi del comparatore, il numero di automobilisti colpiti dai rincari quest’anno è in crescita del 2% rispetto allo scorso anno. Notizie negative però anche per gli automobilisti virtuosi, dal momento che negli ultimi 12 mesi le tariffe delle polizze auto sono tornate a crescere. I dati dell’Osservatorio di Facile.it mostrano infatti che in Italia a dicembre 2022 per assicurare un veicolo a quattro ruote occorrevano, in media, 458,06 euro, ovvero il 7,23% in più rispetto a dicembre 2021.

Rincari e morosità

I rincari all’Rc auto arrivano in un momento sfavorevole per le famiglie italiane già alle prese con l’inflazione e il conseguente aumento dei prezzi su tanti beni e servizi. Tanto che un’indagine commissionata da Facile.it agli istituti mUp Research e Norstat mostra come a causa dell’incremento generalizzato dei costi nei soli primi nove mesi del 2022 più di 700.000 automobilisti hanno saltato il pagamento del rinnovo dell’assicurazione auto. Una platea di morosi che potrebbe allargarsi ulteriormente, se si considera che sono oltre 1,5 milioni gli italiani che hanno ammesso di poter essere obbligati a saltare il prossimo rinnovo in caso di ulteriori rincari.

L’andamento regionale dei sinistri con colpa

Se a livello nazionale la percentuale di automobilisti che hanno dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,51%, su base regionale emergono differenze significative. Analizzando la graduatoria è ancora una volta la Liguria a guidare la classifica degli automobilisti più ‘colpevoli’, tanto che nella regione il 3,32% dei guidatori nel 2023 vedrà aumentare il costo dell’Rc auto. Agli automobilisti liguri seguono quelli del Lazio (3,05) e del Piemonte (3,02%), mentre le percentuali più basse si rilevano in Calabria (1,52%), Basilicata (1,87%) e Molise (2,02%).

Identikit dell’automobilista “colpito” dalla polizza

Quanto al profilo degli automobilisti che vedranno scattare gli aumenti, la prima evidenza riguarda il genere: la percentuale di coloro che hanno dichiarato un sinistro con colpa è pari al 2,32% fra gli uomini, un valore più basso rispetto a quella rilevato tra le donne (2,84%). Quanto invece alle fasce anagrafiche, in assoluto emerge che ad avere denunciato il minor numero di incidenti con colpa sono gli automobilisti nella fascia di età tra 19 e 21 anni. Tra loro, la percentuale di chi vedrà peggiorare la classe di merito è pari appena all’1,74%, mentre tra i 25-34enni è pari al 2,23%. Il valore più alto si registra invece tra gli over 65 (3,10%). Considerando la professione dell’assicurato, è la categoria degli agenti di commercio che in percentuale ha dichiarato con più frequenza un sinistro con colpa (3,16%). A loro seguono i pensionati (3,04%) e i liberi professionisti (2,73%).

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I media delle crisi: crescono Internet e la spesa per i dispositivi

Secondo i risultati del 18° Rapporto sulla comunicazione del Censis si continua a trovare piena espressione di sé attraverso i dispositivi personali digitali. Ma considerando l’affidabilità di cui godono i media e la fiducia da parte dell’opinione pubblica, nell’ultimo anno radio televisione e carta stampata staccano di gran lunga web e social network in termini di credibilità. Tuttavia, il 60,1% degli italiani ritiene legittimo il ricorso a qualche forma di censura: per il 29,4% non dovrebbero essere diffuse fake news accertate, per il 15,7% le opinioni intenzionalmente manipolatorie e propagandistiche, per il 15,0% i pareri espressi da persone che non hanno competenze. Al contrario, per il 39,9% la censura non è mai giustificata.

Radio sempre più ibrida, boom della mobile tv

Nel 2022 la televisione la guarda il 95,1% degli italiani, ma la percentuale dell’utenza è il saldo tra la contrazione del numero di telespettatori della tv tradizionale (digitale terrestre -3,9%), la lieve crescita della tv satellitare (+1,4%), il forte rialzo della tv via internet (web tv e smart tv +10,9%) e il boom della mobile tv, passata dall’1,0% di spettatori nel 2007 al 34,0% di oggi. La radio continua a rivelarsi all’avanguardia all’interno dei processi di ibridazione del sistema dei media. I radioascoltatori sono il 79,9% degli italiani, ma se la radio ascoltata in casa attraverso l’apparecchio tradizionale si attesta al 48,0% (-0,8%), l’autoradio sale al 69,0% (+4,6%), l’ascolto via internet col pc è stabile al 20,4%, e via smartphone lo fa il 29,2% (+5,4%).

Nuovi record per Internet, smartphone e social network

Nel 2022 si registra ancora un forte aumento dell’impiego di internet (88,0%, +4,5%, con una perfetta sovrapposizione con quanti utilizzano lo smartphone: 88,0%, +4,7%), e lievitano all’82,4% gli utenti dei social network (+5,8%). Tra i giovani (14-29enni) si registra un ulteriore passo in avanti nell’impiego dei social (93,4% WhatsApp, 83,3% YouTube, 80,9% Instagram), con il forte incremento di TikTok (54,5%), Spotify (51,8%) e Telegram (37,2%), e la flessione di Facebook (51,4%) e Twitter (20,1%). Per i media a stampa, invece, si accentua ulteriormente la crisi, a cominciare dai quotidiani cartacei, letti ormai solo dal 25,4% (-41,6% in quindici anni). Gli italiani che leggono libri cartacei sono invece il 42,7% (-0,9%). Una flessione parzialmente compensata dai lettori di e-book (13,4%, +2,3%).

La spesa premia il digitale

Tra il 2007 e il 2021 la spesa per l’acquisto di telefoni ed equipaggiamento telefonico segna un vero e proprio boom, moltiplicando il valore per quasi sette volte, +572,0% (7,9 miliardi di euro nell’ultimo anno), mentre quella dedicata all’acquisto di computer, audiovisivi e accessori poi è più che raddoppiata (+138,9%). Ma se i servizi di telefonia e di traffico dati si assestano verso il basso per effetto di un radicale riequilibrio tariffario (-20,7%, 14,7 miliardi di euro), la spesa per libri e giornali ha subito un vero e proprio crollo: -37,7% rispetto al 2007.

Nel 2023 avremo 63mila disoccupati in più. Tasso a livello 2011

Nel 2023 la crescita del Pil e dei consumi è destinata ad azzerarsi, contribuendo a incrementare il numero dei disoccupati di almeno 63mila unità fino a sfiorare quota 2.118.000.
Lo conferma l’Ufficio studi CGIA sulla base di un’elaborazione dati Istat e delle previsioni Prometeia.
L’Istat ha segnalato che a ottobre l’occupazione ha toccato il record storico, un grande risultato, che però potrebbe invertirsi nel giro di qualche mese. Nel 2023, infatti, il tasso di disoccupazione è destinato a salire all’8,4%, un livello che comunque torna ad allinearsi con il 2011. Il Centro-Sud sarà il più ‘colpito’: l’incidenza della sommatoria dei nuovi disoccupati di Sicilia (+12.735), Lazio (+12.665) e Campania (+11.054) sarà pari al 58% del totale nazionale.

I settori più in difficoltà

A livello territoriale le 10 province più interessate dall’aumento della disoccupazione sono Napoli (+5.327 unità), Roma (+5.299), Caserta (+3.687), Latina (+3.160), Frosinone (+2.805), Bari (+2.554), Messina (+2.346), Catania (+2.266), Siracusa (+2.045) e Torino (+1.993).
Sebbene non sia facile stabilire i settori maggiormente interessati dalle riduzioni lavorative, sembra che i comparti manifatturieri, specie quelli energivori e più legati alla domanda interna, potrebbero subire maggiori contraccolpi occupazionali, mentre le imprese più attive nei mercati globali, tra cui quelle che operano nella metalmeccanica, macchinari, alimentare-bevande e nell’alta moda saranno meno esposte. Difficoltà anche per trasporti, filiera automobilistica ed edilizia, quest’ultima penalizzata dalla modifica legislativa relativa al superbonus.

Preoccupa la tenuta del lavoro autonomo

Da febbraio 2020 a ottobre 2022 i lavoratori indipendenti sono scesi di 205mila unità, mentre i lavoratori dipendenti sono aumentati di 377mila.
La crisi pandemica e quella energetica ha colpito soprattutto le partite Iva, che a differenza dei lavoratori subordinati sono più fragili. In caso di difficoltà momentanea, ad esempio, non hanno né Cig né, in caso di chiusura dell’attività, alcuna forma di NASPI. Inoltre, il rischio povertà nelle famiglie dove il reddito principale è riconducibile a un autonomo è superiore a quelle dei dipendenti.

Rischio per la coesione sociale

Il rischio di mettere a repentaglio la coesione sociale del Paese è molto forte. Le chiusure stanno interessando sia i centri storici sia le periferie delle città, gettando nell’abbandono interi isolati, provocando un senso di vuoto e un pericoloso peggioramento della qualità della vita. Meno visibile, ma altrettanto preoccupante, sono le chiusure che hanno interessato anche liberi professionisti, avvocati, commercialisti e consulenti, che svolgevano la propria attività in uffici/studi ubicati all’interno di un condominio.
Insomma, le città stanno cambiando volto. Con meno negozi e uffici sono meno frequentate, più insicure e con livelli di degrado in aumento. 
Anche la Grande Distribuzione Organizzata (GDO) è in difficoltà, e non sono poche le aree commerciali che presentano intere sezioni con attività che ora hanno abbassato le saracinesche.

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Il nomadismo digitale cresce e attrae talenti. Anche grazie alla tecnologia 

Il ‘nomadismo digitale’ è un fenomeno in crescita: offre tante opportunità, soprattutto per spalancare le porte a talenti e professionisti specializzati, ma comporta anche tante sfide per le aziende, soprattutto in termini logistici e normativi. Secondo l’ultima edizione dell’European Employer Survey, l’osservatorio di Littler sul nomadismo digitale, il 73% degli intervistati dichiara di avere dipendenti ‘nomadi digitali’. Nel 2021 erano il 61%. In generale, però, emerge un sentiment di preoccupazione tra le aziende (89%), soprattutto per i rischi legali, le implicazioni fiscali e altri problemi occupazionali.

Uno stile di vita più flessibile e autonomo

Tra gli stimoli che fanno crescere il nomadismo digitale, c’è sicuramente l’aspirazione dei lavoratori di abbracciare uno stile di vita più flessibile e autonomo, che possa migliorare l’equilibrio tra lavoro e vita privata. Per le aziende è un’opportunità per attrarre e trattenere nuovi talenti.
“Spesso, quando si parla di nomadismo digitale, si pensa a una persona alla scrivania con vista su una spiaggia tropicale. Si tratta di stereotipi idealizzati e stili di vita irrealistici – spiega Edoardo Vitale, Content Manager di Mine Studio -. In Italia, ad esempio, il nomadismo digitale offre opportunità enormi per ripopolare le aree interne e i comuni abbandonati, rimettendo in circolo economie stagnanti e rispondendo alla sempre più crescente necessità di orari di lavoro flessibili e costi della vita inferiori”.

Opportunità e sfide per le aziende

In questo scenario, la tecnologia riveste un ruolo fondamentale nel rendere possibile una modalità di lavoro impensabile fino a pochi anni fa.
“Il fenomeno della remotizzazione dei dipendenti rende imprescindibile la digitalizzazione in tutte le sue sfaccettature: anche quella dei pagamenti delle spese aziendali”, sottolinea Davide Salmistraro, Country Manager in Italia di Soldo. Lavorare fuori dai confini aziendali richiede condizioni tali da soddisfare le esigenze di efficienza, portabilità e connettività necessarie per mantenere il livello di produttività e affidabilità richiesto. Se da un lato la tecnologia offre sempre maggiori opportunità per accedere e organizzare in maniera ottimale dati e file, dall’altro genera anche nuove sfide per le aziende in termini di archiviazione, backup e protezione dei dati sensibili.

Come ridurre i rischi informatici?

Secondo i risultati di una ricerca commissionata da Western Digital nel 2021, riporta Adnkronos, il 63% dei data-manager italiani ha visto aumentare incidenti e minacce alla sicurezza dei dati negli ultimi 12 mesi.
“Con l’evoluzione della tecnologia, dipendenti e datori di lavoro sono alla ricerca di nuove soluzioni per archiviare e condividere i dati sensibili in modo più sicuro – aggiunge Fabrizio Keller, Senior Product Marketing Manager Western Digital -. La combinazione tra un’infrastruttura adeguata, che integri piattaforme di crittografia per archiviare e condividere i dati sensibili, e una maggiore formazione dei dipendenti sulle minacce a cui possono esporre la propria organizzazione, contribuirà a migliorare il panorama delle minacce e a ridurre i rischi”-

I “numeri” di Ecobonus e Superbonus

Sono stati i protagonisti delle facilitazioni governative degli ultimi anni, volte a migliorare l’efficienza energetica e la sostenibilità degli edifici del nostro Paese. L’Ecobonus e il Superbonus, sovente criticati, hanno invece prodotto effetti più che apprezzabili anche per l’economia, la filiera delle costruzioni e addirittura per il gettito fiscale. Inoltre, hanno consentito di risparmiare sensibilmente sul consumo energetico, tasto dolente di questo periodo. Il Censis, attraverso una ricerca ad hoc realizzata in collaborazione con Harley&Dikkinson e la Filiera delle Costruzioni, ha fatto i “conti” in tasca ai due bonus.

Quali  sono stati gli effetti economici?

Il Censis stima che i 55 miliardi di euro di investimenti certificati dall’Enea per il periodo compreso tra agosto 2020 e ottobre 2022 legati all’utilizzo del Super ecobonus hanno attivato un valore della produzione nella filiera delle costruzioni e dei servizi tecnici connessi pari a 79,7 miliardi di euro (effetto diretto), cui si sommano 36 miliardi di euro di produzione attivata in altri settori del sistema economico connesso alle componenti dell’indotto (effetto indiretto), per un totale di almeno 115 miliardi di euro. E’ inoltre plausibile che una spesa così consistente abbia generato un gettito fiscale altrettanto rilevante. Attivando il Superecobonus una produzione consistente per via degli effetti moltiplicativi sul sistema economico, il gettito fiscale derivante da tale produzione aggiuntiva si stima possa ripagare circa il 70% della spesa a carico dello Stato per le opere di efficientamento sugli edifici. Ciò significa che 100 euro di spesa per Superecobonus costerebbero effettivamente allo Stato 30 euro, ridimensionando in questo modo il valore reale del disavanzo generato dall’incentivo. Il Mef ha registrato tra gennaio e settembre 2022 un incremento del gettito dell’11% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, ed è verosimile pensare che proprio il comparto edile abbia considerevolmente contribuito a questa dinamica espansiva delle entrate tributarie.

Quali benefici in termini di efficienza energetica e sostenibilità ambientale?

Il Censis ha inoltre stimato l’impatto del Superecobonus in termini di risparmio energetico realizzabile, parametro fondamentale per avviare un dibattito sull’efficacia di tale strumento. L’incremento medio del valore immobiliare delle unità abitative che hanno beneficiato della riqualificazione energetica è stimato tra il 3% e il 5%, a seguito di un salto di classe energetica dell’immobile. Il Censis stima che, sulla base dei dati disponibili, la spesa di 55 miliardi di euro generi un risparmio di 11.700 Gwh/anno, che corrispondono a 1,1 miliardi di metri cubi di gas, pari al 40% del risparmio energetico che il Piano emergenziale di riduzione dei consumi del settore domestico si prefigge di realizzare nell’autunno-inverno 2022-2023 (2,7 miliardi di metri cubi di gas). 

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Ristoranti: meglio se etici e green

A quanto emerge da un’indagine condotta dall’Università Popolare degli studi di Milano, non è solo il cibo a indirizzare le scelte dei consumatori quando si parla di ristoranti, ma anche la sostenibilità e l’eticità. Secondo lo studio, la sostenibilità infatti incide fortemente nella scelta del ristorante per il 71% degli intervistati. Sapere che un locale è attento all’ambiente, utilizzando prodotti biologici, magari a km zero, e che riduce la sua impronta ambientale attraverso l’uso di energia green, lo fa preferire a un ristorante che offre un menu migliore. Ma un altro aspetto importante per i clienti è l’eticità con cui viene trattato il personale. Sapere che un ristoratore tratta in modo corretto i propri collaboratori è motivo di preferenza per circa 2 intervistati su 3 (61%).

I vantaggi per imprenditori e collaboratori

“Un team soddisfatto e appagato lavora meglio e produce di più e si sente maggiormente coinvolto nel business, prendendone più a cuore anche i risultati – commenta Emiliano Citi, Ceo & Founder di RistoBusiness -. E questo genera vantaggi per entrambe le parti, che sono apprezzabili già nel breve periodo: da un lato, l’imprenditore ha entrate più alte, dall’altro, il maggior flusso di cassa garantisce ai collaboratori un lavoro regolare e ben retribuito”.
Un esempio di questo ragionamento è proprio la sede che ospiterà Restaurant for Future, organizzato da RistoBusiness a Fico, il grande parco del cibo a Bologna.
“Mentre in tutta Italia bar e ristoranti sono in grandi difficoltà per i costi da sostenere in questo periodo di crisi, dentro Fico i ristoratori non subiscono il caro bollette grazie al modello energetico virtuoso del parco”, spiega Stefano Cigarini, amministratore delegato di Fico Eataly World.

“Un grande mercato condiviso nel rispetto della sostenibilità”

“Fico è un esempio di sostenibilità non solo per le sue caratteristiche strutturali, ma anche per l’impiego di materiali compostabili da parte di tutti i suoi operatori e per il suo sistema circolare ‘a metro zero’ – aggiunge Stefano Cigarini -: le eccellenze alimentari prodotte dalle fabbriche di Fico vengono infatti utilizzate e somministrate da tutti i ristoratori delle diverse aree: una sorta di grande mercato condiviso nel rispetto della sostenibilità a 360°”.

Il bollino Ape blu

Sono oltre 700 gli imprenditori della ristorazione che saranno presenti a Restaurant for Future, riporta Adnkronos. Tra i relatori, il divulgatore scientifico Luca Mercalli e Federico Quaranta, conduttore radio e tv. Tanti i temi che verranno messi sul tavolo, dalle prospettive future a cosa fare per uscire dalla crisi. Tra le proposte anche l’introduzione del bollino Ape blu, che indica la sostenibilità per i ristoranti, come le stelle Michelin fanno con la qualità della cucina e del servizio. Si parlerà poi anche di rincari energetici e delle materie prime, che stanno costringendo molte attività alla chiusura, della difficoltà nel reperire personale, ma anche della questione del lavoro nero.

Lavori sul tetto e responsabilità civile del committente

Solitamente tendiamo a pensare che la sicurezza di chi lavora ad alta quota, e dunque sul tetto di un edificio, vada tutelata soltanto nel caso di un cantiere edile o industriale.

Nulla di più sbagliato in realtà, perché questa sicurezza è da perseguire anche in ambito privato e dunque tutte le volte che chiediamo ad un professionista (a qualsiasi titolo) di salire sul tetto della nostra abitazione o condominio.

È la legge stessa infatti a prevedere che le norme di sicurezza che solitamente vengono adottate nei cantieri debbano essere adoperate anche sulle coperture delle abitazioni civili. Alcune regioni italiane hanno direttamente introdotto l’obbligo di implementare delle misure di sicurezza sui tetti delle abitazioni civili, come ad esempio una linea vita sul tetto o altri sistemi anticaduta.

Sempre più dunque, la strada che si sta percorrendo è quella di invitare anche i privati, oltre chiaramente tutti coloro i quali operano a qualsiasi titolo in ambito edile o industriale, a mettere la sicurezza dei lavoratori al primo posto.

La responsabilità del committente

D’altronde la legge è chiara e, in caso di infortunio del lavoratore, il committente è responsabile in sede civile e penale.

Per questo motivo dobbiamo sempre stare attenti quando ingaggiamo un professionista e gli chiediamo di salire sul tetto di casa per conto nostro.

Ciò vale chiaramente anche per un intervento sul tetto da parte dell’ antennista, un tecnico per la riparazione delle tegole, pulizia della canna fumaria del camino o qualsiasi tipo di intervento di manutenzione che richieda l’accesso al tetto.

No non vale dunque assolutamente la pena rischiare qualcosa e conviene sempre mettere la sicurezza delle persone al primo posto, per questo motivo facciamo bene a provvedere ad adottare tutte le misure di sicurezza necessarie.

Dispositivi di protezione individuale e collettivi

Proprio per lavorare nell’ottica di garantire la sicurezza assoluta ai lavoratori è necessario implementare, anche semplicemente in ambito privato, i dispositivi di protezione individuale che possono aumentare notevolmente il livello di sicurezza.

Pensiamo ad esempio ad una linea vita tetto, la quale può essere installata in maniera definitiva e rappresentare un punto di ancoraggio sicuro per tutti coloro i quali nel tempo avranno necessità di effettuare qualsiasi tipo di lavoro sul tetto.

Il lavoratore potrà dunque facilmente agganciare la propria imbracatura alla linea vita, così da essere sempre protetto e ben ancorato anche nel caso in cui dovesse verificarsi una eventuale caduta dall’alto.

Grazie a questo tipo di sistema, ogni eventuale caduta verrà immediatamente arrestata evitando così qualsiasi tipo di conseguenza derivante dalla caduta dall’alto.

A questo tipo di sistema è possibile integrare anche un interessante dispositivo che ha la capacità di agire da frizione, dunque ammorbidire l’arresto della caduta nel momento in cui questa si dovesse verificare.

Grazie a tale frizione le forze che entrano in gioco nel momento in cui si arresta una caduta non andrebbero a scaricare interamente sul corpo del lavoratore ma al contrario andrebbero a distribuirsi rendendo così ancora più morbida la fase di arresto.

A questo tipo di sistema di protezione vanno sempre abbinati gli altri dispositivi di protezione individuale quali caschetti e scarpe infortunistica ad esempio, mentre le linee vita vengono definite un sistema di protezione collettivo dato che danno modo a più di una persona contemporaneamente di potersi agganciare e lavorare in sicurezza.

Conclusione

In ambito privato bisogna dare massima importanza ai lavoratori e soprattutto alla loro sicurezza quando effettuano qualsiasi tipo di lavoro ad alta quota per conto del committente.

Proprio il committente per legge è responsabile in sede civile e penale e per questo motivo facciamo bene ad installare sul tetto della nostra abitazione o quello condominiale i dispositivi di sicurezza necessari a fare in modo che tutti possano lavorare senza patemi d’animo e senza mettere a rischio la propria incolumità.

Missione (im)possibile: esiste l’equilibrio tra lavoro in presenza e flessibilità?

La quinta edizione del l’European employer survey, il report annuale di Littler, mostra una spaccatura tra il desiderio di aumentare il lavoro in presenza e la garanzia di flessibilità necessaria per attrarre e trattenere i talenti. Di fatto, per il 30% dei direttori hr e in-house lawyer europei intervistati l’azienda ha effettuato un completo ritorno alla presenza, e per il 27% ha optato per una forma ibrida, con più giorni di lavoro in presenza e meno da remoto. Solo l’11% vede i propri dipendenti seguire un orario ibrido con più giorni da remoto e meno in presenza, mentre per il 5% i dipendenti lavorano completamente da remoto. Sembra quindi che le aziende preferiscano il lavoro in presenza. Così ha dichiarato il 73% dei datori di lavoro, che stanno valutando la possibilità di ridurre il lavoro a distanza. Questo però si scontra con la riluttanza dei dipendenti a rinunciare alla flessibilità acquisita.

Lavoro in presenza o da remoto?

Cresce comunque l’importanza di valutare i vantaggi generati da modalità di lavoro da remoto, che il 79% vuole aumentare per attrarre e trattenere i talenti. I motivi principali che spingono i datori di lavoro a richiedere un maggior numero di ore di lavoro in presenza riguardano la cultura e il lavoro di squadra, in particolare, maggiore collaborazione fra team e stimolazione del pensiero creativo (54%) e maggior impegno da parte dei dipendenti (48%). Vantaggi correlati a uno dei principali motivi di rinuncia del lavoro da remoto, ovvero il mantenimento della cultura aziendale e del coinvolgimento dei dipendenti (53%).

Burnout e nomadismo digitale

Indipendentemente dal modello di lavoro, resta alta l’attenzione a salute mentale e benessere delle risorse umane. Sebbene 9 intervistati su 10 abbiano adottato iniziative in questa direzione, solo il 28% lo ha fatto in maniera strutturata.  Inoltre, quando si tratta di offrire una soluzione al burnout, la flessibilità oraria è stata l’unica misura adottata (54%), mentre meno di un terzo degli intervistati indica il lavoro individuale con i dipendenti per gestire i carichi di lavoro. La gestione del nomadismo digitale, poi, rappresenta un’altra nuova sfida. Un fenomeno in aumento, con il 73% delle aziende che dichiara di avere dipendenti ‘nomadi digitali’. Tra queste, l’89% è preoccupata per i rischi legali, le implicazioni fiscali e altri problemi occupazionali.

L’AI e il recruiting, ma cautela ad assumere

Per supportare le attività di recruiting e assunzione il 47% degli intervistati sta utilizzando o pianificando di utilizzare soluzioni tecnologiche o strumenti di AI. Inoltre, il 61% di coloro che già utilizzano tali strumenti ne ha incrementato l’utilizzo, sottolineando l’efficacia dell’AI e della tecnologia per attrarre nuovi talenti.
Ma in un contesto di crescente incertezza economica, l’indagine rileva anche segnali di cautela da parte dei datori di lavoro europei, che tuttavia non sembrano ancora adottare misure drastiche. Circa un quarto (27%) esita nell’assunzione di nuove risorse, mentre il 37% sta valutando o attuando riduzioni di personale.

Black Friday: come risparmiare e dove acquistare nel 2022?

L’evento più atteso in vista dello shopping pre-natalizio, il Black Friday, ricorre ogni anno il venerdì successivo al giorno del Ringraziamento, la festività statunitense, e nel 2022 cadrà il 25 novembre.  È un’occasione per risparmiare sugli acquisti e accaparrarsi tanti prodotti a prezzi competitivi. Come in passato, il principio è quello di offrire 24 ore di sconti irripetibili su diverse tipologie di prodotti. Ma oggi, negozi fisici e operatori online preferiscono partire da lontano, lanciando promozioni ad hoc diversi giorni o addirittura settimane prima. Si parla, infatti, di Cyber Week, e le offerte vengono prolungate anche fino al cosiddetto Cyber Monday, altra data che permette di approfittare di sconti importanti.

Un evento imperdibile anche nel mondo dell’e-commerce

Il Black Friday è diventato un evento imperdibile anche nel mondo dell’e-commerce. Del resto, la maggior parte dei portali aderisce all’iniziativa con riduzioni e offerte. Inizialmente, erano soprattutto gli store di elettrodomestici ed elettronica a proporre campagne promozionali: Unieuro, ePrice e Mediaworld, ad esempio, lanciano tuttora promozioni competitive su smartphone, computer, videogame, televisori e molto altro. In realtà, c’è davvero l’imbarazzo della scelta.

Dall’abbigliamento alla spesa ai voli: le occasioni da non perdere

Il portale Zalando, ad esempio, propone riduzioni che superano il 70%, e in qualche clic, è semplice trovare tanti prodotti dedicati al pubblico maschile e femminile. I marchi sono selezionati tra i più autorevoli del settore (Nike, Guess, Tommy Hilfiger, Puma, Vero Moda, Levi’s, Pier One, Casio, Clinique e Lacoste…), e gli sconti non durano solo 24 ore. Grazie alla Cyber Week Zalando, infatti, è possibile approfittare di offerte che durano dal venerdì nero fino al Cyber Monday. Ma in occasione del Black Friday è possibile anche risparmiare sulla spesa, facendo un salto da Pam, Auchan e Carrefour, oppure prenotare un biglietto aereo a prezzi irrisori, prestando attenzione specialmente alle ‘promo’ delle compagnie low-cost, come Easy Jet e Ryanair.

Come fare per non farsi trovare impreparati?

Cosa bisogna fare per non farsi trovare impreparati al tanto atteso Black Friday? Innanzitutto, non serve dedicare settimane a studiare offerte e campagne promozionali degli scorsi anni, ciò che conta è giocare con qualche giorno d’anticipo, magari creando una wish-list e annotando i prezzi medi, così da poter verificare, successivamente, la consistenza dell’affare. Quello della registrazione al sito è poi un trucco molto utile, riporta Adnkronos. Infatti, inserendo i dati in anticipo, come l’indirizzo di spedizione e la modalità di pagamento preferita è possibile risparmiare tempo prezioso. Allo stesso modo, con l’iscrizione alla newsletter è più facile restare aggiornati in tempo reale su tutte le offerte disponibili prima, durante e dopo il Black Friday.

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